Di Fiorella Lo Schiavo (Società Italiana di Biologia Vegetale) e Alessandro Vitale (Società Italiana di Genetica Agraria)
A fine settembre, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato due documenti riguardanti le nuove tecnologie di DNA ricombinante applicate all’agricoltura: Updated scientific opinion on plants developed through cisgenesis and intragenesis e Criteria for risk assessment of plants produced by targeted mutagenesis, cisgenesis and intragenesis.
L’aggiornamento è stato richiesto dalla Commissione Europea, visti i rapidissimi progressi nelle conoscenze e sviluppo di nuove tecniche di modifica del DNA, dal momento che l’ultimo documento EFSA in materia risaliva al 2012. La Commissione auspica per il prossimo anno una revisione della Direttiva 2001/18/EC che regola i cosiddetti OGM, per tener conto delle nuove tecniche di editing dei genomi premiate con il premio Nobel nel 2021 (new genomic techniques – NGT, anche definite tecnologie di evoluzione assistita – TEA).
I documenti EFSA si esprimono su alcune tecnologie di modifica del genoma delle piante. La parte più innovativa riguarda proprio le NGT (Nuove Tecniche Genomiche, ndr), riconosciute come tecniche molto più precise delle precedenti e in grado di operare un intervento sartoriale con modifiche specifiche del gene di interesse. In questo modo, sottolinea EFSA, è possibile non solo evitare le modifiche più invasive prodotte utilizzando le tecnologie di DNA ricombinanti sviluppate nel secolo scorso e soggette alla Direttiva del 2001, ma anche operare in modo più preciso rispetto alle normali tecniche di incrocio in uso corrente da quasi un secolo per produrre nuove varietà di piante.
In particolare, considerando le grandi potenzialità e versatilità delle NGT, si aprono molteplici possibilità. Si può intervenire su un gene di interesse ottenendo il suo silenziamento o modificando la sua espressione oppure modificare una forma in un’altra più utile (le diverse forme alternative di uno stesso gene presenti naturalmente in una popolazione sono definite alleli). Il metodo è estremamente potente e flessibile, per cui giustamente nel documento si suggerisce una valutazione del rischio del prodotto ottenuto caso per caso e non l’adozione di una regola restrittiva su tutti i prodotti ottenuti. Decisamente un passo in avanti rispetto la definizione estremamente generica e scientificamente molto discutibile di OGM!
Il metodo di miglioramento genetico più comune finora utilizzato è la tradizionale sequenza di incroci per introdurre in una varietà un allele presente in un’altra pianta della stessa specie o in specie sessualmente compatibili, che sia più vantaggioso per la coltivazione o la qualità alimentare.
I genomi, osserva EFSA, non sono però entità fisse: durante gli incroci convenzionali, per trasferire alleli positivi sono inevitabili modifiche impreviste e non identificate del DNA, così come alterazioni imprevedibili nell’espressione di geni. EFSA giustamente riconosce che questi eventi sono molto più limitati o addirittura assenti se si utilizzano le NGT. Dunque, conclude che in tali casi le nuove piante non presentino nuovi rischi rispetto alle piante convenzionali e che, perciò, la maggior parte se non tutte le analisi di rischio previste dalla Direttiva del 2001 non sarebbero rilevanti.
In conclusione, ci sembra di osservare nei documenti EFSA una posizione pragmatica e scientificamente rigorosa, che tiene in considerazione i risultati scientifici degli ultimi anni e le conseguenti opinioni espresse dalla comunità scientifica EU, e meno basata su pregiudizi ideologici rispetto l’attuale regolamentazione. Questi primi passi, a nostro avviso positivi, vanno nella direzione di offrire anche all’Europa la possibilità di applicare in agricoltura le nuove tecnologie così come avviene già da qualche anno in un numero crescente di Paesi, compresi quelli più importanti per l’agricoltura mondiale.